giovedì 7 ottobre 2010

meglio soli che...male accompagnati !!!

Libere di essere sole

Tutti gli individui, a meno di precise scelte di carattere ideologico e/o religioso, quando si affacciano alla vita adulta, sognano e progettano di condividere con qualcuno la propria esistenza.
Il bisogno di amore e di compagnia è uno dei bisogni fondamentali. E’ connaturato con l’essere vivente e si associa alle necessità biologiche del nutrimento e del sonno già nelle prime fasi del ciclo della vita.
Generalmente, e in prima battuta, nessuno sceglie di vivere solo, a meno che non vi sia indotto da un orientamento ideologico o dalle circostanze contingenti. In ogni caso, per riuscire a vivere soli in una condizione di benessere, occorre prima avere navigato a lungo, seguendo le rotte tumultuose della vita; occorre aver battuto molti sentieri impervi e aver sperimentato a fondo le gioie e i dolori che derivano dalla vicinanza e dal legame con gli altri esseri umani, nostri occasionali o permanenti compagni di viaggio. Occorre avere condiviso molto, avere amato molto, forse odiato, comunque sofferto. Solo allora è possibile cercare la solitudine, trasformarla in una scelta consapevole e intenzionale, arrivando al traguardo della propria autonomia.
Per imparare a stare soli e ad amare la solitudine è indispensabile, dunque, allenarsi a fondo.
La voglia di solitudine, infatti, non implica automaticamente la capacità di affrontarla. Non è detto che un individuo, pur desiderando e ricercando l’esperienza della solitudine, sia in grado di apprezzare la compagnia di se stesso, di tollerare l’ascolto dei propri pensieri, di sostenere il proprio sguardo che penetra nella profondità dell’essere. Il rumore del silenzio può risultare assordante.
Molti individui, quando si ritrovano soli in casa, accendono la radio o il televisore semplicemente per immergersi nel rumore, per sentire risuonare voci che neppure ascoltano. Accendono luci in tutte le stanze per sconfiggere le inquietanti ombre della notte e fingere di sentirsi in un ambiente confortevole e caldo. Ogni inganno è buono pur di evitare un imbarazzante faccia a faccia con se stessi e la paura dell’ignoto.

Tratto dal libro "Meglio sole"
Meglio sole. Perché è importante bastare a se stesse
(...vale anche per gli uomini chiaramente...)
“...Quante donne sono convinte di non potercela fare da sole, senza un uomo che le supporti, le protegga e, forse anche, le mantenga?
Strano paradosso. Le donne si declassano a torto, mentre dovrebbero imparare a riconoscere e valorizzare ciò che hanno assimilato nel corso di un lungo apprendistato: hanno imparato a organizzare la loro vita e quella degli altri, a sopportare fatiche, a smaltire delusioni e tradimenti. Perfino a ricominciare daccapo ogni volta che il mondo crolla loro addosso. Che cosa fa credere alle donne di non potercela fare senza un uomo?
Gli uomini sono i benvenuti nella vita delle donne, ma non sono indispensabili. La loro presenza può essere un prezioso arricchimento, ma sbagliano le donne che continuano a far dipendere la propria vita da un uomo e pensare di non avere sufficienti risorse per cavarsela da sole.
La paura di non avere abbastanza coraggio e intraprendenza, di non riuscire a vivere sole, senza sentirsi abbandonate e perdute, induce molte donne e anche molti uomini, a unire la propria solitudine a quella di un’altra persona. Certi matrimoni affrettati, certe convivenze premature hanno origine da questo desiderio di scongiurare il rischio di un’esistenza priva della vicinanza e del conforto di una presenza costante al proprio fianco. L’essenziale, sembrano pensare questi individui timorosi, è non ritrovarsi soli fisicamente. Lo considerano il peggiore dei mali.
Eppure è veramente difficile che dall’incontro di due “solitudini” possa nascere uno stato di benessere durevole. Può infatti accadere che il disagio personale venga amplificato da uno stato di conflittualità, di intolleranza o, peggio ancora, di indifferenza reciproca. Le speranze, riposte nel partner, di avere finalmente trovato un compagno di viaggio disposto ad alleviare fatiche di un impervio cammino quale si rivela l’esistenza, finiscono spesso per naufragare miseramente, lasciando un senso di fallimento ancora più intollerabile della percezione del vuoto che aveva indotto la ricerca di compagnia e di condivisone.
Meglio dunque riconciliarsi con la propria solitudine prima di fare scelte avventate. L’angoscia e la paura sono pessime consigliere. La scelta del partner e della vita di coppia offre migliori garanzie, quando non è suggerita dall’emergenza e dall’impulso a rifuggire a qualunque costo la condizione di single.
Non essere in grado di vivere soli, almeno temporaneamente, implica pericolosa fragilità. Significa mantenere se stessi in uno stato di perenne necessità, in cui agli altri vengono demandati il controllo della nostra vita e la responsabilità del nostro benessere affettivo. Con tale prospettiva, il margine di errore della nostra facoltà di scelta è ampio: il bisogno rende ciechi e sordi alla prudenza più elementare.”
(Ivana Castoldi)

Questo libro vuole tessere l’elogio della solitudine, intesa non certo come isolamento e chiusura verso gli altri, ma come uno stato di libertà interiore che si realizza quando l’individuo ha raggiunto la consapevolezza che c’è una sola persona al mondo sulla quale può contare incondizionatamente, che può riconoscere le sue aspirazioni più genuine: se stesso.
Gli altri, se siamo fortunati, ci accompagneranno e potranno contribuire al nostro benessere, colmare le nostre inevitabili mancanze, ma non potranno sostituirsi a noi per scegliere e agire al posto nostro. Non dovremmo, comunque, permetterlo.
Sono soltanto gli anni dell’infanzia quelli in cui ci è consentito, o dovrebbe esserlo, affidarci a una figura adulta che si assuma temporaneamente la responsabilità della nostra vita. Solo allora abbiamo diritto di aspettarci che qualcun altro risolva i nostri problemi, lenisca le nostre ferite e ci sollevi dalla fatica di vivere. In seguito, nulla ci verrà risparmiato e pagheremo di persona. Nel bene come nel male.
Dunque, impariamo a vivere in solitudine e ad apprezzarla come una condizione stimolante che affina la nostra capacità di autonomia e di scambio con gli altri.
Riguardo a questa conquista le donne sembrano più brave degli uomini, nonostante abbiano avuto un apprendistato di continua dedizione agli altri, di massiccia condivisione di spazi e di tempo con gli altri. Nonostante lo spettro della solitudine; nonostante la paura di non incontrare.”l’uomo giusto” le abbia perseguitate a lungo, attraverso i commenti e le sollecitazioni di madri, zie, padri e amiche.
Eppure, quando arriva il momento del risveglio, queste donne plasmate dai pregiudizi e dalle aspettative familiari e sociali, sono capaci di rivoltare la loro vita come un guanto, scoprendosi risorse inaspettate e una determinazione al cambiamento che niente e nessuno riuscirà più ad arrestare.
Sarà che la misura è ormai colma. Sarà che l’inganno è stato svelato e le donne hanno finalmente potuto vedere l’altra faccia della medaglia e trovare la chiave d’accesso a una dimensione nuova: la loro presunta debolezza nascondeva una forza insospettata e la capacità di superare paure e perdite, insidie e dolori, di fronte ai quali molti uomini fuggirebbero a gambe levate.
Il libro è dedicato a queste donne coraggiose e a tutte quelle che ancora non hanno avuto occasione di scoprire il loro coraggio.
Dopo tante discussioni teoriche, analisi sociologiche e studi sulla condizione femminile, è tempo di cominciare a rivalutarsi davvero e a praticare nella concretezza della vita quotidiana quella parità acquisita giuridicamente grazie alle battaglie ideologiche e politiche di tante donne. Al di fuori delle polemiche e delle sterili contrapposizioni teoriche; guidate piuttosto dal desiderio di trovare un equilibrio più stabile tra i due sessi, che andrà a vantaggio di tutti, uomini compresi.
Le donne scoprono la loro forza grazie ad un impulso potenziale, istintivo, che le guida quando sono ancora cieche e confuse. Un terremoto sta sconvolgendo la loro vita e minaccia di lasciarle prostrate a terra, senza respiro, quando una forza vitale prende il sopravvento: le scuote, le ritempra di nuova energia, le costringe a rialzarsi e a riprendere il cammino, cambiando direzione. A questa forza bisogna dare ascolto; bisogna chiamare a raccolta i brandelli di vita che ci sono rimasti e cambiare rotta.
Molte donne si arrendono; preferiscono lasciarsi vincere dalla loro sofferenza, sentendosi ingiustamente vittime dell’incomprensione e dell’ingratitudine degli altri.
Altre, anch’esse numerose, si ostinano a battere e a ribattere gli stessi sentieri: pensano ogni volta che sia la volta buona, che finalmente andranno incontro a un futuro smagliante. Al contrario, si allungherà inevitabilmente la lista delle delusioni e dei fallimenti.
Bisogna avere il coraggio di fare piazza pulita, abbattere i pilastri sui quali avevamo edificato le certezze della nostra vita, cambiare i riferimenti, trovare materiale nuovo per edificare una casa che possiamo riconoscere come nostra. Così fanno le donne che imparano a vivere sole, non necessariamente single, ma “sole”.
La solitudine è una condizione interiore, una particolare modalità di rapporto con se stessi e con gli altri, che può diventare una condizione di vita da single oppure no, come nella maggior parte dei casi.
Potremmo chiamarla in un altro modo, scegliendo un vocabolo meno inflazionato, che non evochi fastidiose sensazioni di smarrimento e abbandono. Ma non lo faremo. Per il gusto della provocazione, per la voglia di dimostrare che è sempre possibile ristrutturare la realtà, cambiando la prospettiva e ignorando le etichette.
Perciò, affronteremo questo mostro guardandolo bene negli occhi, senza arretrare di fronte al suo aspetto minaccioso. Apparentemente minaccioso.
La prospettiva della solitudine terrorizza, infatti, la maggioranza degli individui. Essere soli viene associato all’essere abbandonati, rifiutati, infelici. Quasi mai all’essere liberi, forti e capaci di godere pienamente delle opportunità che la vita sa offrire.
Si può essere felicemente soli anche godendo della compagnia delle persone che camminano al nostro fianco, lungo il percorso della vita.
L’autonomia personale (che sia questa la faccia luminosa della solitudine?) si può perfettamente conciliare sia con la vita da single che con la vita di coppia o di comunità. Questo obiettivo è particolarmente importante per le donne, per le quali non esiste giorno dell’esistenza in cui non debbano tenere conto di qualcuno: non debbano accudirlo, proteggerlo, amarlo.
Un amore finito male, un matrimonio fallito, i figli che lasciano la casa paterna. Di solito comincia così il cammino della donna verso una reale emancipazione. Comincia sempre con un dolore, un abbandono, una perdita. Comincia sempre, e procede, faticosamente.
Fino a quel momento, noi donne siamo state troppo assorbite dal compito di amare gli altri: il marito, il compagno, i figli. E’ un compito impegnativo che richiede, almeno così crediamo e ci hanno insegnato, una dedizione assoluta. Questo compito ci ha fatto dimenticare i nostri sogni più riposti, i nostri slanci, le nostre speranze di adolescenti. Ci siamo estraniate da noi stesse e non sappiamo più ritrovarci.
Dieci, vent’anni passano in un soffio. Ci guardiamo alle spalle solo quando un evento speciale ci scuote all’improvviso e ci coglie impreparate: uno di quegli eventi che sconvolgono la vita, come la fine di un amore o la perdita di qualcuno che amiamo.
Abbiamo forse creduto di essere donne diverse dalle nostre madri, di essere capaci di meritare il riconoscimento del nostro valore e della nostra competenza; abbiamo creduto di aver contribuito al cambiamento del ruolo femminile nella società e di colpo ci rendiamo conto di quanto la nostra vita sia lontana dalle idee che abbiamo sempre professato. Ci siamo crogiolate molto tempo nell’illusione di esserci “realizzate” e scopriamo che il traguardo è forse più lontano di quando abbiamo iniziato il cammino.
Allora andiamo in crisi, ci lamentiamo, ci deprimiamo e consumiamo altre energie preziose nel vano tentativo di ottenere comprensione e solidarietà da parte degli altri: partner di turno, amici, figli. Sempre guidate dal bisogno di trovare conferme e consenso fuori di noi, come se da sole non fossimo in grado di riconoscere il nostro valore.
Eppure, la soluzione dei nostri problemi è più a portata di mano di quanto crediamo.

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