"L'economia è la più morale delle scienze perchè ha come suo dogma la rinuncia a se stessi, la rinuncia alla vita e a tutti i bisogni umani. Quanto meno mangi, bevi, compri libri, vai a teatro, al ballo e all'osteria, quanto meno pensi, ami, fai teorie, canti, dipingi, verseggi, eccetera, tanto più risparmi, tanto più grande diventa ...il tuo tesoro che nè tarli nè la polvere possono consumare, il tuo capitale"
(Karl Marx, Oekonomisch-philosophische Manuskripte aus dem Jahre 1844; trad. it. "Manoscritti economico-filosofici del 1844; in Marx Engels Opere Complete, Editori Riuniti,Roma 1980, vol III, 1976, pp.336-337)
E C O N O - M I A
...quanta acqua è passata sotto i ponti e come sono cambiate le cose! se Marx fosse vivo, direbbe che l'economia dopo circa due secoli è peggiorata, è diventata immorale, perchè ha come suo dogma il pensare a se stessi e schiacciare gli altri, il bere, mangiare e consumare a dismisura e il non rinunciare a nulla prima che i tarli e la polvere siano loro a consumare il nostro capitale!
Gramsci: "...sono pessimista con l'intelligenza, ma ottimista con la volontà."
Gramsci sosteneva che "il superamento della religione e del senso comune"(...) "coincide con il buon senso, che si contrappone al senso comune."
ZUPPA Vegana DI MELE E CAROTE
1. Riscaldate una padellino a fuoco medio e tostate un cucchiaino di semi di finocchio e mezzo cucchiaino di semi di cumino fino a quando ne sentite nell'aria il loro aroma.
2. Macinate o pestate insieme ai semi sopra tostati 2 cucchiai di fiocchi di cocco, mezzo cucchiaino di granelli di pepe e un baccello di cardamomo.
3. Ora riscaldate 2 cucchiaini di olio di cocco in una pentola a fiamma media. Aggiungete una cipolla del tipo giallo tagliata a quadratini e fatela indorare. Quindi aggiungete 4 grandi carote tagliate a rondelle e cuocete per altri 5 minuti.
4. Ora aggiungete un cucchiaio di polvere di curry sulle carote e sulle cipolle e cuocete per altri 3 minuti.
5. Tagliate a piccoli quadrati una mela e un peperoncino lungo, mescolateli nella pentola e cuocete ancora per 5 minuti.
6. Aggiungete al preparato 3 tazze di acqua calda con brodo vegetale senza glutammato riscaldato e preparato in precedenza. Quindi frullate con un frullino ad immersione.
7. Ora versate qui il contenuto del padellino (vedi punti 1 e 2) e rimescolate bene. Portate il tutto a ebollizione, copritelo con un coperchio e lasciatelo per 10 minuti a fiamma lenta.
8. La zuppa è pronta; se desiderate potete aggiungere del sale dell'Oceano Atlantico e servire la zuppa con dei crostini integrali.
[Translation in english]
Curried Carrot and Apple Soup
Prep time: 20 min • Cook time: 30 min • Yield: 5 servings
Ingredients:
1 teaspoon fennel seeds
1/2 teaspoon cumin seeds
2 tablespoons unsweetened coconut flakes
1/2 teaspoon whole peppercorns
1 clove
1 cardamom pod
2 teaspoons coconut oil, canola, or grapeseed oil
1 large yellow onion, diced
4 large carrots, washed and cut into 1/2-inch rounds
1 tablespoon curry powder
1 jalapeño or other spicy green chili, seeded and diced
1 Granny Smith or other tart apple, peeled and diced
9 cups water, vegetable stock, or Kickin’ Vegetable Stock, divided
1 teaspoon salt
1/2 teaspoon freshly ground black pepper
Directions:
1. Heat a skillet over medium heat and toast the fennel
and cumin seeds until they begin to smell fragrant.
Remove from heat.
2. Add the toasted seeds, coconut flakes, peppercorns,
clove, and cardamom to a spice grinder and grind until
pulverized. Alternatively, place all the ingredients in a
mortar and grind by hand with a pestle until powdered.
Set aside.
3. Heat the coconut oil in a soup pot over medium heat.
Add the onion and sauté until transparent. Add the carrots
and cook for another 5 minutes.
4. Sprinkle the curry powder over the onion and carrots
and cook for 3 minutes.
5. Add the jalapeño and apple. Stir well and sauté for 5
minutes.
6. Add 3 cups of the water or stock to the
pot and blend with a stick or immersion blender.
7. Pour in the remaining stock and coconut flake-spice
mixture and stir well. Bring to a simmer and cover.
Cook over low heat for 10 minutes.
8. Now the soup is ready; put in the salt of Atlantic Ocean and serve it together with fried integral bread.
Stavo nel treno della metropolitana ascoltando "a capello" dei Verdena dall'album "Wow" col mio iPod quando a un tratto sei passata tu, regina vestita di stracci, principessa "senza fisso castello", in una mano mostravi la ciotola vuota del tuo cane, nell'altra un piattino con pochi centesimi; e dietro il tuo strascico colorato di pezze di lana infeltrita, lui, il quattrozampe di sovrumana bellezza, con l'eleganza che nessuno gli ha mai insegnato, fiutando i passeggeri seduti e indifferenti, con le sue pezze colorate pure lui che gli fasciavano il corpo e il pelo, infeltrito come i due maglioni che lo proteggevano dal freddo di questi giorni, uno rosso e uno azzurro, con le maniche lunghe che gli scendevano giù per le zampe e per la coda. Tu, col tuo sguardo fiero di cane sempre fedele e pronto a seguire la tua signora e padrona per il mondo e ad affrontare mille avventure con lei, tu che guardi incuriosito e annusi i passeggeri e che non ti curi delle loro tasche piene, dei loro vestiti firmati, dei loro capelli profumati e puliti, tu che non sai nemmeno che non ci sono solo panchine e cartoni per dormire, tu che non cambieresti per niente al modo la tua scapigliata principessa, tu con la tua sovrumana intelligenza, ora ti accucci fra le tue gambe e non ti chiedi nemmeno quale sia la tua fermata di metropolitana, nè dove devi scendere, tu col muso a terra come se questo viaggio in treno fosse eterno, tu che chiudi gli occhi e non sogni paradisi artificiali fatti di saune piscine e creme abbronzanti, tu che quando lei ti riempie la ciotola ti senti l'essere più felice del mondo, tu che svuoti la ciotola e non ti curi se sia stata l'elemosina o il duro lavoro a riempirla, tu che scodinzoli perchè ci vedi tutti uguali, tu che ci scodinzoli perchè non sai che non siamo tutti uguali, tu che ci scodinzoli e non ti accorgi che non ci sentiamo tutti uguali...
Cucumber and Yogurt Dip/Tzatzíki
Cucumbers were brought to Greece from Asia centuries ago, and yogurt’s origins are in the Middle East.The Greeks combine them in this refreshing meze (appetizer), which is especially good on a hot day.
1 medium cucumber 1. Peel cucumber. Cut in half
1 clove garlic, finely chopped lengthwise and scoop out and
discard seeds. Cut into small chunks 3 scallions, finely chopped to make about 1 c.
1 tsp. olive oil 2. In a small bowl, mix cucumber
¥ tsp. white vinegar with garlic, scallions, olive oil,
vinegar, and dill.
1 tsp. finely chopped fresh dill or
¥ tsp. dried dill weed 3. Add yogurt and stir gently to
combine.
1 c. (8 oz.) plain, lowfat or nonfat
4. Cover and chill 2 hours or more.
yogurt
5. Serve as a salad on lettuce leaves garnished with tomato slices or as a dip with bread and raw vegetables.
Preparation time: 20 minutes Refrigeration time: 2 hours Makes about 1¥ c.
JOHN FANTE - A OVEST DI ROMA o Il mio cane Stupido
Cinico impietoso grottesco struggente autoritratto di un John Fante alle soglie della maturità. Quattro figli scansafatiche dediti alla marjuana e alla musica di Frank Zappa, una moglie annoiata, una gloriosa casa a forma di ipsilon sulla costa dell'oceano: la vita di Henry Molise, scrittore cinquantenne in crisi di ispirazione sembra destinata a una quotidianità prevedibile fatta di litigi e rappacificazioni domestiche, quando una sorpresa, un vero dono dal cielo, si unisce alla sgangherata famiglia: un gigantesco cane testardo e ottuso, il cui nome è un'iscrizione sepolcrale: STUPIDO. Con lui il tran tran di Molise scivola verso una allegra tenerissima catastrofe.
John Fante riusciva benissimo in ogni suo romanzo a renderci consapevoli dell'inutilità della vita. Facezie e sarcasmo si intervallano sempre a momenti introspettivi nei quali questa sfuggevolezza appare evidente anche se impalpabile, inevitabile.
Henry Molise è uno scrittore un po' ubriacone e sul viale del tramonto che vive a Point Dume, ad Hollywood, sposato con Harriet e con quattro figli grandi (Denny, uno scansafatiche accannato che si fa fare i temi dalla madre per non partire militare; Tina che frequenta un ex soldato, ora surfista e perdigiorno; Dominic con un debole per le ragazze di colore, in particolare una certa Katy Dann, cosa che manda su tutte le furie la madre; e Jamie l'unico apparentemente normale che di lì a poco deciderà di lasciare gli studi per dedicarsi al volontariato, facendo crollare, in un certo senso, le uniche speranze dei genitori) che con l'arrivo di un cane randagio Akita dalle tendenze omosessuali, battezzato Stupido, vede la sua famiglia tramutarsi in qualcosa che lascia spazio solo al vuoto esistenziale. Ma la consapevolezza dello scrittore va anche oltre, si accorge infatti che la vita è inutile ma anche crudele, insensata, bellissima. Lo scrittore capisce che la vita, la sua ma anche quella degli altri, è corta, dannatamente corta, e unica, capisce che la vita comunque la si spreca in azioni e pensieri inutili. Forse Henry Molise pensa a tutte le opportunità sprecate, alle vite non vissute ma che si sarebbero potute vivere, come quella che sognava di vivere a Roma città che gli è rimasta nel cuore anche perché gli ricorda le sue origini italiane. Henry Molise realizza che si può vivere senza la Porche, il suo amato e mai dimenticato bull terrier Rocco, le sue mazze da golf, che non era quello che riempiva e dava un senso alla sua esistenza ma i quattro figli nonostante il loro (naturale) odio nei suoi confronti, e che la casa, la vita, oramai senza di loro è vuota e inutile.
Questo romanzo, conosciuto come A ovest di Roma (titolo originale West of Rome, traduzione per Fazi di Alessandra Osti) ma anche come Il mio cane Stupido è uscito postumo nel 1985 grazie alla moglie di John Fante, Joyce. leggilo
FUJIYA & MIYAGI – Ventriloquizzing (2011)
kraut-pop, electro-pop, band inglese di Brighton
Mp3 | 90Mb | 320kbps
Tracklist:
1. Ventriloquizzing
2. Sixteen Shades Of Black & Blue
3. Cat Got Your Tongue
4. Taiwanese Roots
5. Yoyo
6. Pills
7. OK
8. Minestrone
9. Spilt Milk
10. Tinsel & Glitter
11. Universe
... i Fujiya & Miyagi sono definitivamente i più credibili eredi degli Stereolab. Come gli Stereolab riescono nell’impresa di risultare cool pur suonando sempre la stessa canzone e facendo dischi sostanzialmente sempre uguali, apportando anno dopo anno solamente impercettibili variazioni stilistiche che anche l’orecchio più attento faticherà a scovare.
In fondo, la proposta musicale è simile (c’è il motorik dei Neu!, c’è l’elettronica vintage dei Kraftwerk, c’è la tendenza a sottrarre e scarnificare invece di arricchire ed ingrassare – basta solo tener conto che i Fujiya & Miyagi hanno un retroterra prettamente post-punk mentre gli Stereolab erano in fissa con il cinepop anni ‘60 ed il gioco è fatto) e l’attitudine è la stessa: evolversi replicando una formula che, nonostante l’ovvia ripetitività, conserva sempre lo stesso grande fascino e non stanca praticamente mai... guarda & ascolta
Melissa Auf Der Maur - Out Of Our Minds (2010) [Multi]
Alternative Rock, Canada
Mp3 | 84Mb | 320kbps
Tracklist:
01. The Hunt
02. Out Of Our Minds
03. Isis Speaks
04. Lead Horse
05. Follow The Map
06. 22 Below
07. Meet Me On The Dark Side
08. This Would Be Paradise
09. Father's Grave
10. The Key
11. The One
12. 1000 Years
Un respiro ossessivo ed inquieto, un basso pulsante è il sangue che l’adrenalina pompa copioso nelle vene, il rullante della batteria sono gli arbusti che si agitano nervosi: qualcosa di mostruoso si sta muovendo nella foresta. Ecco la chitarra, la fuga rocambolesca della protagonista verso un viaggio che la porterà “fuori dalle nostre menti e nei nostri cuori, provati da un'attesa così lunga”. Si apre così la nuova opera di Melissa Auf Der Maur, bassista canadese nota ai più per le celebri collaborazioni con Smashing Pumpkins ed Hole.
“The Hunt” naturalmente si conclude, quando, all’improvviso, irrompe il richiamo straziato della voce della nostra sirena dell’alternative rock, e la titletrack esplode in un arpeggio vagamente ‘60s seguito da un ritornello molto coinvolgente. Le atmosfere quindi si dilatano, divengono più mistiche e cosmiche; a contrapporsi ad esse un falsetto quasi divertito nel ritornello di “Isis Speaks”. Poi, il break strumentale, praticamente post-rock, di “Lead Horse” consolida una sensazione che troverà conferma in parecchi episodi lungo la seconda parte di questo “Out Of Our Minds”: ci troviamo di fronte ad un lavoro maggiormente elaborato, progressivo e deliziosamente complesso rispetto all’esordio discografico della Auf Der Maur.
E’ inevitabile: “Out Of Our Minds” è soltanto la colonna sonora di una vicenda estremamente articolata, che troverà nuove e diverse incarnazioni artistiche in un mediometraggio, un fumetto e persino una galleria d’arte a tema, tutto elaborato dalla nostra Rossa. Dispiace quasi, a questo punto, dover scrivere che il materiale promozionale del sottoscritto comprendeva il solo cd audio (peraltro privo di testi), perché già soltanto dall’ascolto di queste 12 canzoni (e dalla visione del video della titletrack, disponibile sul website della Auf Der Maur) si intuisce chiaramente una cosa: ci troviamo di fronte ad una storia estremamente interessante, condita da toni fortemente simbolici ed oscuri dal chiaro marchio Lynchiano. Un lavoro di quelli totalizzanti, in cui all’inizio è quasi doloroso affogare, ma che, una volta che ci si è lasciati travolgere, diventano materia prima che arricchisce lo spirito dell’ascoltatore.
I toni prettamente post-grunge dell’esordio di Melissa sono ancora presenti in questo secondo parto discografico (ascoltate “Follow The Map”, “Meet Me On the Dark Side”, “The One”, pezzi in cui è avvertibile la stigmata degli Smashing Pumpkins), così come una certa persistente atmosfera garage-punk (“The Key”). Tuttavia, questo lavoro sa andare abbondantemente oltre gli archetipi del rock alternativo, deliziandoci, ad esempio, con un duetto tra Melissa e Gleen Danzing su “Father’s Grave” (il cui sapore southern rock riporta inevitabilmente alla mente le “Murder Ballads” di Nick Cave), piuttosto che in pezzi caratterizzati da mutevoli chiaroscuri ed esplosioni gotiche sul finale (“22 Below”).
Al termine dell’ascolto di questa colonna sonora, la consapevolezza è proprio quella di trovarsi di fronte ad un'opera straordinaria. Una sensazione meravigliosamente consolidata dal fatto che, per partorire questo cd, la Auf Der Maur ha impiegato ben 6 anni, e se si pensa che oggi, in media, un artista arriva a sfornare un cd all’anno nel tentativo di restare a galla in un mare di mediocrità, fa davvero piacere vedere come in giro ci sia gente di questo tipo, che partorisce lavori degni di nota, dimostrando di sapersi prendere il tempo necessario per modellare al meglio la propria arte.
Non è assolutamente un disco semplice questo, anzi, necessita di uno sforzo da parte di noi ascoltatori per scardinare i meccanismi della storia e farli nostri. Una volta compiuto il processo, tuttavia, difficilmente vi potrete stancare di quest’opera.
Chapeau signorina Auf Der Maur, ha partorito un autentico capolavoro.
(recensione http://www.spaziorock.it/ di F. R.)
Uochi Toki - Cuore amore errore disintegrazione (2010)
Mp3 | 155Mb | 320kbps
Tracce:
01. Appena risalito dall'abisso
02. Mi sveglio da straniero in un luogo mai visto prima,
03. dato che per me è naturale trovarmi spaesato nei non-luoghi,
04. mi basta udire voci lontane per sentirmi a casa ovunque,
05. permettendomi artifici spontanei,
06. gettandomi in ambigue immedesimazioni non richieste ma richieste,
07. violando le conseguenze che la violazione dei sacri limiti tra due persone comporta
08. ...no, sto sbagliando in qualcosa, il nervoso ed il quieto si alternano freneticamente
09. dando origine al più incomprensibile dei mali
10. che mi esaspera fino ad esplodere la realtà in molteplici adesso
“Appena risalito dall’abisso, mi sveglio da straniero in un luogo mai visto prima, tuttavia, dato che per me è naturale trovarmi spaesato nei non luoghi, mi basta udire voci lontane per sentirmi a casa ovunque, permettendomi artifici spontanei, gettandomi in ambigue immedesimazioni non richieste ma richieste, violando le conseguenze che la violazione dei sacri limiti tra due persone comporta …no, sto sbagliando in qualcosa, il nervoso ed il quieto si alternano freneticamente dando origine al più incomprensibile dei mali che mi esaspera fino ad esplodere la realtà in molteplici adesso”.
Visione mistica? No, sono semplicemente i titoli dei dieci pezzi di Amore cuore errore disintegrazione, il settimo disco che Rico e Napo sviluppano e creano assieme, il sesto con il vuotissimo nome “Uochi Toki”, il secondo che esce per il collettivo di artisti denominato La Tempesta Dischi. Come il nome suggerisce, si parla di Amore. Ma non aspettatevi niente di mieloso, niente rime strappalacrime, anzi niente rime e basta. Sputano parole taglienti e vagamente assonanti su basi apparentemente buttate alla cazzo di cane, ma la verità è che hanno così tante cose da dire che non ci starebbero in metrica neanche dopo anni di lavori di cesellatura! Allora tanto vale pubblicare la versione integrale dei pensieri che scorrono nella mente di questi due piemontesi, tanto ci si perde come se fossero le liriche più fini della storia dell’hip hop, spalmate su basi toste e lontanissime da qualsiasi cosa entri nel comune immaginario di musica yo, a metà tra l’industriale e una drum machine impazzita. Ma signori, questi sono gli Uochi Toki, che vi piacciano o meno. Uscirne vivi è difficile.
Da che mondo è mondo, l’arte è il tramite dei sentimenti umani, dai più vividi ai più profondi e inspiegabili. Tanti autori passati e presenti si sono espressi per mezzo di una tavolozza o degli strumenti musicali, altri hanno sentito l’esigenza di comunicarsi a parole attraverso la poesia, la narrativa e la saggistica. Il duo che da quasi dieci anni porta il nome Uochi Toki ha deciso di unire tutti questi strumenti, senza rinunciare alle possibilità che ogni forma d’arte può offrire e stravolgendo completamente il modus operandi della cultura rap. In questo modo, anche parlare d’amore può sembrare qualcosa di inusuale, o se non altro perdere i gravosi connotati romantici dei secoli scorsi.
Un simile argomento, oggi come oggi, diventa un pretesto per giudicare le persone, per costruirsi un bignami di situazioni-tipo su cui farsi un’idea ancora più generica delle stesse. Napo è la voce esterna – “l’Osservatore” – che si inserisce nel mezzo di questo mondo in preda alla facile retorica, tentando di interagirvi con le sue doti magiche.
L’incipit è situato nel mondo onirico, in cui il confine tra l’Io e l’Altro è labile, gli elementi di fantasia non sottostanno alle leggi della quotidianità, la poesia non necessita di licenze: la base ritmica pulsa come il sangue nelle vene, una realtà che sussiste solamente a livello sottocutaneo, un rebus inesprimibile del quale bisogna leggere “non il significato ma lo spirito”, finché la realtà non emerga più chiaramente. Il suono di un sitar accompagna il diradarsi del buio, nel quale si fanno lentamente spazio colori e linee; sensazioni tattili e fisiologiche salgono a livello cosciente nel risveglio proustiano di Napo, che farà il suo primo incontro per le strade di Lubiana nel più classico dei modi. Una passante, avvenente come molte altre, cattura la sua attenzione, spingendolo a immaginare l’ipotetico dialogo con la suddetta, ma il tutto finisce per limitarsi a un desiderio concretamente irrealizzabile. In questa prima parte dell’album il contatto tra i due universi non si compie, la donna è un soggetto sfuggente che lancia segnali nascosti al Mago. Il secondo incontro avviene nel parcheggio di un autogrill, dove una comitiva di adolescenti nel fiore dei loro anni incarna un mondo di desideri e segreti indecifrabili, la fine di un’innocenza che cela innate saggezze, presto destinate a perdersi; sarà una di queste ultime a rivelarsi uno spirito-guida e a predire inconsciamente al nostro eroe le sue future interazioni col sesso opposto.
Il quarto brano è un interludio telefonico, l’unica parentesi intima nella quale Napo svolge un ruolo amicale, facendosi confessore dei turbamenti di una ragazza qualunque; risponde a domande implicite sfruttando la sua proverbiale onniscienza metropolitana; i suoi consigli sono al tempo affettuosi e ammonitori, come a voler destare ogni potenziale donna in ascolto dal torpore che spesso le affligge (“Ti affanni, ti appanni gli occhi dai pianti, e pianti i ragazzi gli uni dopo gli altri? Che devo dirti, di concentrarti su quel che cerchi?”).
È il caso della successiva epifania femminile, con la quale entriamo nel vivo di questa odissea postmoderna. Il pomeriggio di Napo cambia destino in funzione di una svampita “occhi-di-cerbiatto”, l’ultima su cui potrà esercitare un relativo dominio psicologico: la sottomissione della ragazza al volere del partner l’ha condotta a un silenzio forzato, che vorrebbe sfogare, ma che traduce soltanto in frasi generiche e di nessun conto; il nostro scopre di non avere nessun influsso sull’ignara vittima, che lo ascolta fingendo di seguire le sue digressioni tematiche. È solamente il prototipo dell’avversario più temibile, il Drago che prima o poi è necessario affrontare.
Una camaleontica base per contrabbasso e batteria fa da sfondo all’episodio nodale del disco. La scena si svolge in un bar, in una serata da universitari prontamente comparata alla “gabbia di Faraday”; il Mago viene apostrofato da una ragazza impertinente, che lo giudica buffo, misterioso, troppo solo per potersi divertire. A poco serve mantenere la calma, tentare di spiegarsi e di non sembrare scortese: il nemico si rivela un muro invalicabile, costringendo il nostro a usare le sue doti per accedere ai pensieri della ragazza; ma se da un lato l’immedesimazione nella suddetta lo aiuta a chiarirne le problematiche e le speranze, dall’altro lo porta a superare un limite fuori dalla sua portata, scatenandone l’ira. La battaglia è persa, non resta che allontanarsi nel rimpianto: “Usare la magia per comprendere gli altri non mi esula dai colpi. Anzi, sappiatelo: un mago riceve sofferenze anche da come viene mosso un bicchiere, dall’uso improprio di un termine, dalle volontà altrui quando sono vanamente troppo ferree".
L’ipotetica terza fase del racconto è la confusione, l’impatto violento e devastante tra individui incompresi. Le parole diventano incerte, la realtà è descritta per mezzo di neologismi e basi musicali martellanti, che vanno a colmare il vuoto descrittivo delle immagini frenetiche. Il Mago tenta di schivare la curiosa indisponenza di una passeggera sul treno, rompendo la tensione del silenzio che li attraversa: una missione già votata al fallimento, che questa volta conduce agli insulti e all’attacco fisico, poiché parlare è ormai inutile (“Non sentitevi protetti dai talenti, dalle intenzioni, dai buoni sentimenti: l’unica cosa che conta è la porta senza porta, che in questo caso è chiusa, ed io sbaglio la formula”).
Il nervosismo è un contagio, ogni ulteriore intervento dell’altro sesso non fa che peggiorare le cose, portando a risposte non volute – realisticamente emblematico l’incontro da discoteca, fonte naturale di fraintendimenti nel rapporto occasionale. I ritmi diventano netti e spigolosi, i ragionamenti sequenziali e senza sosta: per l’ultima volta il Mago è costretto a scontrarsi con la realtà, instaurando un frettoloso dialogo con due testimoni di Geova sopraggiunti alla sua porta; la situazione, oramai ben oltre i canoni tragicomici, esaspera del tutto il nostro eroe, che col senno di poi ammetterà di aver creduto in un qualche Dio, anche se solo per pochi minuti, tanta era l’esigenza di una risposta ai suoi dilemmi: “Quando sono intero è a caso, non aspettatevi che io spieghi cosa è per me il caso, è il motivo per cui l’uomo crea Dio a sua immagine e somiglianza,il mio dio è il mal di testa”.
Il caos si interrompe bruscamente, l’equilibrio è apparentemente ristabilito. L’epilogo non lascia alcuno spazio a conclusioni, deviando su una dettagliata spiegazione dei “molteplici adesso” generati dal disco, un meta-discorso che sembra voler dissuadere dall’idea di aver ascoltato un concept, di poterne estrapolare una morale sommaria. Non è dato sapere se i Uochi Toki volessero soltanto provocarci, inventando una storia verosimile, nella quale ritrovare frammenti delle nostre esperienze soggettive; probabilmente “Cuore Amore Errore Disintegrazione” non è altro che un nuovo “Libro Audio”, una raccolta di favole senza uno specifico (lieto) fine: ma laddove il precedente album sferrava colpi diretti, col suo linguaggio in prevalenza chiaro e incisivo, questo quinto capitolo si fa strada lentamente, insinuando più a fondo le domande che obbliga l’ascoltatore a porsi. Il filo del discorso si perde con facilità, l’assimilazione dei concetti è tutt’altro che immediata, ma il risultato è - ancora una volta - un’opera incredibilmente matura, paradossalmente completa nella sua inevitabile sommarietà. È necessario, come sempre, leggere (anzi, capire) tra le fitte righe dei torrenziali testi di Napo per trovare l’essenza del suo discorso, il quale va ben oltre la tematica del sentimento amoroso. Concedetevi un adeguato lasso spazio-temporale per capirlo.
Henry Threadgill Zooid - This Brings Us To, Volume 2 (2010)
Mp3 | 56Mb | 256kbps
Tracklist:
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1. Lying Eyes 10:04
2. This Brings Us To 6:30
3. Extremely Sweet William 8:08
4. Polymorph 11:29
5. It Never Moved 7:16
the vegetable orchestra - Onionoise (2010)
Austria, "organic" music
Mp3 | 101Mb | 320kbps
Track List
01 Scoville
02 Nightshades
03 Le Massacre Du Printemps
04 Transplants
05 Pocket Stampede
06 Malang
07 Regen
08 Brazil
09 Excess Pressure Symphony
10 Krautrock
11 (…)
12 Bohnen
Prima del concerto passano al mercato. E poi salgono sul palco suonando con gli ortaggi. Nove musicisti e chili di verdure sono i protagonisti di questo album. Non sono vegetariani nè tantomeno vegan, il vegetariano inflessibile, quello che non beve neanche il latte. Ma per favore, non rivolgetegli più questa domanda, che se la sentono fare mille volte al giorno. Hanno cominciato per gioco e neanche si ricordano quando e come è venuta loro questa idea. Il difficile è realizzarla più che pensarla. Il primo strumento suonato? Un pomodoro, nel 1997. http://www.vegetableorchestra.org/sound.php
prossimi concerti:
01.04.2011 Wiener Konzerthaus, Vienna (AT)
12.04.2011 Equinoxe, Saint Brieuc (FR)
08.07.2011 MIMI festival, Marseille (FR)
06-07.08.2011 Malbrouck Festival, Manderen (FR)
18.09.2011 Festival Euroclassic, Zweibrücken (DE)
"L'amore è così strano: così limpido quando viviamo al buio e così poco chiaro quando ci troviamo alla luce del sole; l'amore ci ha salvati la vita e noi non siamo stati capaci di salvare il nostro amore" (Marcello Sorgi, "Edda Ciano e il comunista", 2009)
01. Blurred (feat. Angela Kinczly)
02. Heartless
03. Red Minoga (short edit)
04. Sound Pressure Level
05. Storm
06. Embarque
07. Save Yourself
08. Underwater Music
09. In a land
10. Away!
11. Black Rainbow
È una vera e propria enciclopedia delle elettroniche degli ultimi 20 anni, il sophomore del trio bresciano formato da Dario Dassenno (batteria), Francesco D’Abbraccio (chitarra, synth, effetti) e Giovanni Ferliga (synth, voce, chitarra e sampler). Black Rainbow non somma soltanto ciò che è rintracciabile nelle influenze musicali del progetto, ma rielabora, fonde e confonde suggestioni, atmosfere e slanci in un magma personale. Portishead, witch-house, Autechre, nu-rave, hauntology, Warp, industrial, Planet Mu, dubstep si sfiorano, si toccano e copulano in un percorso che risulta alla fine riconoscibilmente personale. Proprio come nell’immagine di copertina: una esplosione di colori diversi che si fa paradigma del prisma sonoro tendente al nero racchiuso in Black Rainbow.
L’apertura spetta a Blurred, una bassa battuta impreziosita dalla voce di Angela Kinczly ed è subito spiazzante. Torna a galla l’Inghilterra dei primi ’90. Bristol per l’esattezza. Clangori industriali e voce suadente per un pezzo da brividi. Heartless – prossimo video e singolo – si ricollega subito a DNA, l’ep lungo che è vero embrione degli sviluppi del sophomore, col suo interplay tra synth volatili e batteria corposa calati in atmosfere da mood dimesso e notturno. Ma la carne al fuoco sacro e rituale dell’album è molta di più: evanescenze goth-bombastic quasi witch-house (Sound Pressure Level), idm primi ’90 in salsa impro-electro (Embarque), iridescenza tribal-ambient (In A Land), dubstep non canonico e posseduto (Away), bassi gonfi di scorie dub e cadenza da rave post-nucleare (Storm). Eccola la chiave di volta dell’intero album: l’electro del dopo-electro, il suono della cattedrale in dissoluzione, il dancehall del day after.
Black Rainbow è un disco oscuro e screziato, potente e denso, perfettamente equilibrato e magistralmente prodotto dallo stesso Ferliga (il guru della nu-electro Matt Colton provvede a masterizzare). Un disco in grado di rivoltare l’elettro(ck) di questi anni dal di dentro e lanciare una sonda verso il domani.