domenica 13 dicembre 2015

il giovane vegano e il pianto della mucca

Quest’estate ho incontrato un’amica che si trovava a trascorrere le vacanze dalle nostre parti. Abbiamo cenato insieme e ho notato che sua figlia (11 anni) non mangia carne. I bambini sono molto sensibili, amano gli animali e spesso decidono di non mangiarli, per poi cedere di fronte al primo hamburger. Ho chiesto alla mamma da quanto tempo sua figlia non mangiava carne (né pesce).
“Da quando aveva tre anni”
Un giorno, mi ha raccontato, la piccola stava gustando con piacere un bel petto d’anatra. Lo trovava delizioso e ha chiesto alla mamma che cosa fosse. “Anatra”, ha risposto lei. La bambina è scoppiata a ridere pensando che fosse uno scherzo. Poi si è fatta seria quando ha capito che non lo era. “È un papà o una mamma anatra?”.
La piccola Prune aveva appena capito che alcune delle cose che fino a quel momento aveva tranquillamente consumato erano animali e, nonostante ne apprezzasse il sapore, ha deciso che non li avrebbe mangiati più. Inizialmente i genitori hanno pensato che si trattasse di una sorta di “capriccio” temporaneo  l’hanno assecondato. Otto anni dopo, guardano la loro figlia con rispetto ed ammirazione.
La mia, di ammirazione, per questa bambina, va addirittura oltre. Tante volte ho pensato che avrei voluto diventare vegetariana. Poi però ho sempre trovato un sacco di scuse: mi piace troppo la carne, non saprei cosa cucinare al suo posto, eccetera eccetera. Quest’estate, poi, ho avuto a casa mio cugino Andrea, 17 anni, vegano militante. Andrea ha guardato un sacco di documentari che mostrano il modo in cui gli animali vengono allevati e macellati, e mi ha raccontato che le urla più strazianti sono quelle della mucca a cui viene tolto il suo vitello. Perché il suo latte lo dobbiamo bere noi e non lui.
Ci avete mai pensato a questa cosa? Mi è successo di pensare distrattamente al povero vitellino. Ma che la mucca piangesse disperata non me lo immaginavo. Questo è un estratto di un messaggio che Andrea mi ha scritto in seguito:
«Immagina di partorire in una stanza vuota, senza nessuno che ti è vicino, e da sola (con tutto il dolore che comporta) riesci a “darlo alla luce”, se non fosse che qualcuno entra nella stanza, e subito ti prende il bambino e lo porta via. Tu quel bambino non lo vedrai mai più, ma sai cos’altro c’è? Sarà chiuso in una stanza davanti alla tua, tu lo sentirai piangere perché ha fame, perché ti cerca, ma non puoi fare niente. Hai il latte per nutrirlo, ma lo stesso uomo che ti ha tolto il bambino, ogni giorno entra per prenderti il latte e poi venderlo. Fine della storia. Ah no dimenticavo! Tempo sei mesi e lo macelleranno. Tu vivrai questo per anni, finché non sarai più in grado di fare figli, poi macelleranno anche te.
Ti ho scritto questa “storiella” per farti immaginare come sarebbe vivere una situazione del genere. Ma credimi, il benessere degli animali non interessa a nessuno. A nessuno interessa che i gas emessi dalle montagne di escrementi animali hanno un ruolo primario nel riscaldamento globale, né quantomeno che 1 kg di carne ci costa decine di chili di colture. Le persone non si toglieranno il pane, o meglio, la carne di bocca per ragioni etiche o ambientali. Alla gente devi raccontare di tutti i benefici che possono ottenere con una dieta vegana per convincerla»
Ad Andrea ho detto di aver letto molto sull’argomento ma di non aver mai avuto il coraggio di guardare uno di quei video. «Comodo!» Mi ha risposto. Non hai voglia di guardarli, allora non li guardi. Perché sai che se lo fai poi dovrai prendere una posizione.
«Io quelle urla le ho nella testa, le ho sentite! E piango quando vedo la mia ragazza bere il latte, perché quel bicchiere di latte non le appartiene, come non appartiene a nessuno di noi»
Dopo tutte queste discussioni con Andrea, ero già sulla buona strada. Ma rendermi conto che una bambina di tre anni ha avuto una forza di volontà di gran lunga superiore alla mia mi ha proprio fatta vergognare. Da quel giorno non ho più toccato un pezzo di carne né di pesce. E non è stata poi così dura. Quando sono in presenza di persone che mangiano carne (che adoro!) o quando la preparo per mio marito e per i miei figli, penso a Prune e mi passa la voglia. Quella bambina è diventata il mio guru.
Ora non mi sentirete dire che sono diventata vegetariana perché questa definizione per me è indissolubilmente legata al fallimento. Non voglio darmi un’etichetta. Non mi interessa “essere vegetariana”. Mi interessa smettere di mangiare gli animali. Detta così mi sembra molto più semplice.
Non mi sento ancora pronta per rinunciare anche ai latticini (e nemmeno per guardare i video delle mucche disperate) ma sono certa che quello sarà il prossimo passo. Magari ci vorranno mesi, o forse anni. Ma questi due ragazzi hanno fatto scattare in me un meccanismo che mi sembra difficilmente reversibile.

martedì 8 dicembre 2015

Non cambiare la tua natura, prendi solo delle precauzioni

Un maestro zen vide uno scorpione annegare e decise di tirarlo fuori dall'acqua.
Quando lo fece, lo scorpione lo punse.
Per l'effetto del dolore, il padrone lasciò l'animale che di nuovo cadde nell'acqua in procinto di annegare.
Il maestro tentò di tirarlo fuori nuovamente e l'animale lo punse ancora.
Un giovane discepolo che era lì gli si avvicina e gli disse:
" Mi scusi maestro, ma perché continuate??? Non capite che ogni volta che provate a tirarlo fuori dall'acqua vi punge? "
Il maestro rispose:
" La natura dello scorpione è di pungere e questo non cambierà la mia che è di aiutare."
Allora, il maestro riflette e con l'aiuto di una foglia, tirò fuori lo scorpione dell'acqua e gli salvò la vita, poi rivolgendosi al suo giovane discepolo, continuò:
" Non cambiare la tua natura se qualcuno ti fa male, prendi solo delle precauzioni. Perché, gli uomini sono quasi sempre ingrati del beneficio che gli stai facendo. Ma questo non è un motivo per smettere di fare del bene, di abbandonare l'amore che vive in te.
Alcuni perseguono la felicità, altri la creano.
Preoccupati più della tua coscienza che della tua reputazione.
Perché la tua coscienza è quello che sei, e la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te...
Quando la vita ti presenta mille ragioni per piangere, mostrale che hai mille ragioni per sorridere."

mercoledì 2 dicembre 2015

la lezione

Un uomo portò suo padre ad un ristorante per godere di una deliziosa cena. Suo padre era abbastanza anziano, e quindi, anche un po' debole. Mentre mangiava, un po' di cibo cadeva di quando in quando sulla sua camicia e i pantaloni. Gli altri clienti osservavano l'anziano con i loro volti imbronciati per il disgusto, ma suo figlio rimase in totale tranquillità.
Una volta che entrambi finirono di mangiare, il figlio, senza mostrarsi neanche lontanamente imbarazzato, aiutò con assoluta tranquillità suo padre ad alzarsi e lo portò in bagno. Gli ripulì gli avanzi di cibo dal viso, e provò a lavare le macchie dai suoi vestiti; amorevolmente gli pettinò i capelli grigi e finalmente gli rimise gli occhiali.
All'uscita dal bagno, un profondo silenzio regnava nel ristorante. Tutti erano rimasti indignati dal modo di mangiare di quell'uomo e si chiedevano come ci si potesse rendere così ridicoli in pubblico dentro ad un ristorante.
Le uniche cose che si sentivano erano bisbigli e risatine di scherno.
Il figlio allora si apprestò a pagare il conto, ma prima di arrivare alla cassa, un uomo, di età avanzata, si alzò di scatto tra i commensali e chiese al figlio del vecchio: "Non ti sembra di aver lasciato qualcosa qui?"
Il giovane rispose: "No, non ho lasciato nulla". Allora l'anziano gli disse:" Sì, hai lasciato qualcosa! Hai lasciato qui una lezione per ogni figlio, e una speranza per ogni genitore!"
L' intero ristorante a quel punto rimase in silenzio ed in molti si iniziarono a vergognare per aver deriso e giudicato l'uomo anziano e il figlio.
Uno dei più grandi onori che esistono, è poter prendersi cura di quegli anziani che una volta si sono presi cura di noi, i nostri genitori, gli stessi che hanno sacrificato le loro vite, il loro tempo ed il loro denaro per noi. Loro meritano il nostro massimo rispetto, SEMPRE.

giovedì 12 novembre 2015

il bruco incolore

C’era una volta un bruco allegro e giocondo che se la spassava nel prato coi suoi colori vivaci, giallo rosso e blu, ed era l’unico ad avere il corpo così dipinto. Glielo dicevano ammirati ma con un pizzico d’invidia tutti gli altri animali che incontrava nelle sue striscianti passeggiate. Se gli altri avevano ali con cui volare e zampe con le quali correre, non avevano però colori vivaci come i suoi.  Il merlo e il corvo, i colombi e gli scoiattoli, le talpe e le nutrie lo salutavano affettuosamente, perché dispiaceva loro che una tale bellezza dovesse andarsene così in giro strisciando e contorcendosi nel terreno e tra i fili d’erba per potersi spostare da un posto a un altro.
Il bruco era felice di avere così tanti amici ed era orgoglioso del suo giallo, del suo blu e del suo rosso, ma si domandava ogni giorno se ci poteva essere per lui un rimedio per non trascinarsi più e riuscire magari a camminare o addirittura volare.
Un giorno, avendo sentito un suono a lui sconosciuto e che non riusciva a identificare, vi si diresse e scoprì un fiume d’acqua azzurra che scorreva lentamente in un letto di sabbia e ghiaia. Si avvicinò ad esso più che poté sistemandosi su un sasso che sporgeva sul fiume, e da lì vide strane creature che senza zampe e senza ali si muovevano nell’acqua.  Pensò che forse lui era uno di loro e che per sbaglio si era trovato a vagare sulla terra; decise allora di tuffarsi in quella corrente e rivolse alcune domande ai pesci, ma i pesci non emettevano suoni, erano muti e quando provava ad abbracciarli si rese conto di quanto fossero sfuggenti.
Si accorse inoltre che stava strisciando sul greto del fiume e i pesci gli nuotavano sopra, allora suo malgrado e con grande delusione ritornò a riva e uscì ad asciugarsi su una foglia di quercia mentre qualche starnuto lo faceva tremare tutto.
A un tratto sul ramo accanto al suo si posò un passerò e il bruco si aspettava di sentirsi lodare per i suoi colori, ma il passero non lo degnò neanche di uno sguardo e se ne volò via.  Poi arrivò un gatto che non solo non disse niente di bello nei suoi confronti, ma ebbe l’ardire di dargli una zampata sul muso e meno male che non aveva estratto gli artigli altrimenti sai che dolore!
Ma che stava succedendo? Capì cos’era successo quando per caso si specchiò dall’alto del suo ramo nelle acque del fiume e non vide altro che un bruco incolore e trasparente.
Sopraggiunse la notte e nel buio neanche più i gufi e le civette si accorgevano della sua esistenza.
Possibile che quel tuffo nel fiume gli avesse fatto perdere tutta la sua bellezza! Adesso il suo strisciare passava in secondo piano, quello che ora lo rendeva infelice era di non possedere più il giallo e il rosso e il blu del suo molle corpicino.
Al mattino, in preda alla disperazione, rivolge una supplice preghiera al sole che impietositosi  gli cede un po’ del suo giallo; allora fattosi coraggio il bruco va dal papavero e gli chiede un po’ di rosso, ma quello era così vanitoso e geloso del suo colore che gliene diede pochissimo e il bruco anziché rosso si trovò ad essere rosa. Così decide di chiederlo al fuoco, ma per non bruciarsi fu costretto a prenderne pochissimo anche da lui restando rosa come prima; pertanto decise di chiederlo a un grappolo d’uva che spremendosi lo inondò di succo rosso.
Infine si rivolse al cielo per un po’ di blu, ma quello era così alto e lontano che gli cedette a mala pena un pallido azzurro. Provò allora a chiederlo al mare che lo travolse con un cavallone e gli regalò tutto il blu che desiderava.
Finalmente il bruco tornò nel prato dove ritrovò i suoi amici pronti ad ammirarlo per i suoi nuovi colori e fu di nuovo felice; ma era più felice di prima perché adesso non si crucciava più del suo strisciare né se ne vergognava più. 

sabato 7 novembre 2015

B.B. 50 anni



una rosa per la zia da "Bello Bambino"!

festoni by Antonio

Gaetano, Cri, "Lillo" e nonno Cosimo 



alla fine del parco degli acquedotti




Chienoir tra le zolle

"Macchiabianca" sul petto

MACCHIABIANCA

M A C C H I A B I A N C A

la colonia felina di Macchiabianca




il gatto nella parte di acquedotto recintato

qui il nonno-gattaro alto 2 metri infila le sue manone per pulire e accarezzare il gatto silvestro di cui sopra